Maria Accascina. Ottocento Siciliano: Pittura. Fratelli Palombi, Roma, 1939, pag. 39-40

        A Catania, dove il neoclassicismo teorico ed archeologico non era riuscito a spegnere il crepitio insistente ed annoiante del barocchetto locale, neanche nelle architetture di Stefano Ittar, erano giunti a dare aiuto, contro gli epigoni del Testa, i quadri dei più celeberrimi accademici per decorare la Chiesa dei Benedettini divenuta Galleria dell'Accademismo d'importazione, quadri che non valsero però a distrarre Michele Rapisardi (1799-1853) e Giuseppe Gandolfo (1792-18 55) dalla osservazione realistica, permanente qualità dello spirito catanese. Il caso più tipico di liberazione dell'accademismo proprio dovuto alla influenza del clima locale, è rappresentato da Giuseppe Gandolfo il migliore pittore dell'Ottocento Catanese.

          A Firenze, dove il giovane giunse smanioso di arte, dopo un anno di soggiorno a Roma presso l'Errante, egli fu posto a copiare Raffaello, Correggio, Tiziano, dal Benvenuti che lo ebbe caro e lo protesse. Il giovane, che in patria aveva cesellato oro e modellato creta, divenne un eccellente e disputato copiatore di quadri antichi. Tale sarebbe forse rimasto se una buona febbre non lo avesse costretto a rimpatriare. A Catania egli cominciò a dipingere ritratti e, applicandosi a riguardare i modelli vivi con lo stesso ardore con cui aveva studiato i quadri dei grandi maestri, e rinnovando in sè, l'innata schiettezza intuitiva siciliana, riuscì a dipingere una serie di ritratti di grande valore d'arte. 

            Con la fredda, aristocratica intarsiatura coloristica di un Bronzino e assai ricordandolo nei toni di azzurro opaco, egli dipinse il Ritratto della famiglia Paternò Guttadauro Emmanuel a volumi conclusi, accordati musicalmente su due toni di azzurro traversati da candide zone ottenendo in tal modo una familiare intimità (Casa Emmanuel, Catania). Nel Ritratto della Principessa di Maletto (Catania, Casa Grimaldi), è una de1izia quel mazzolino di rose tenerelle poste a fermare il velo sui tre buccoletti nerissimi; nel ritratto di Fernanda Grifeo, Duchessa di Carcaci (Catania, Casa Carcaci), come sono disposte le pieghe del candido scialle a commentare la linea cadente delle spalle e la nerissima ala dei capelli! E come l'accorto pittore conta sulle belle spalle e sulla rigogliosa figura di Donna Eleonora Guttadauro Emmanuel per dipingerne il ritratto sobriamente e sicuramente sullo scuro del fondo senza un gioiello perchè nulla distragga dal contemplarne il bel volto placido e il braccio impeccabile (Catania Casa Spitaleri). Fu a Catania il ritrattista degli aristocratici e lo fu con una pittura straordinariamente equilibrata elegante, passando a rassegna con molto compiacimento le più languorose e ardenti damine catanesi. E non vi è grazia pari alla sua nel prepararle al ritratto con civetterie di colori e di gesti.
            Fuori, Gíuseppe Gandolfo si sarebbe smarrito nell'accademismo toscano, a Catania, riconquistò il senso della vita e dell'arte.
            Il ritratto salvò la pittura neoclassica siciliana, perchè utilizzò il vigore disegnativo neoclassico restaurato dal Velasco per la rappresentazione della figura umana aggiungendovi la naturale vivacità intuitiva siciliana. Fu il modo più schietto di sfuggire ad uno sterile estetismo assolutamente inconciliabile con lo spirito isolano.